In cammino con i Santi

7. L’espulsione dal palazzo arcivescovile

Il 16 luglio 1875 fu costretto a lasciare l'episcopio di Siracusa: l’anticlericalismo del governo aveva infatti ritardato la concessione dell’exequatur regio con cui si permetteva ai vescovi di prendere possesso dei loro palazzi. Il Guarino, senza scomporsi, dopo aver fatto verbalizzare la sua protesta, indossò il mantello e si recò a continuare il proprio lavoro nella pubblica biblioteca arcivescovile. L’impressione dell’opinione pubblica fu enorme: diverse famiglie nobili offrirono all’arcivescovo la possibilità di essere ospitato in una delle loro case e ci furono perfino trecento lavoratori del porto che si dissero pronti ad usare le armi per occupare il palazzo arcivescovile. Mons. Guarino si limitò a ringraziare e a raccomandare la calma, preferendo trasferirsi in un piccolo appartamento del vecchio seminario, volendo così affermare e rafforzare la sua autorità di arcivescovo senza allontanarsi dalla propria diocesi. In tale umiliante vicissitudine il conforto e la solidarietà dell'intera cittadinanza dimostrarono che aveva vinto la battaglia più importante, quella contro l'anticlericalismo diffuso e la diffidenza che lo avevano accolto al suo arrivo in Siracusa: aveva conquistato i cuori dei siracusani.

Nel giugno del 1875 mons. Guarino ricevette una lettera da Roma che gli comunicava l’intenzione del Pontefice di trasferirlo alla sede arcivescovile di Messina. Prima che giungesse la Bolla Papale, mons. Guarino cercò di bloccare la nomina inviando una lettera in cui non manca di sottolineare con umiltà la propria inadeguatezza al nuovo, impegnativo compito che gli veniva affidato, rilevando anche il bene fatto nella diocesi di Siracusa, che amministrava da tre anni.

Pronto sempre all’ubbidienza, mons. Guarino finì per accettare il trasferimento nella nuova sede vescovile.

 

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