La presenza dei figli di don Bosco fra le strade del quartiere popolare di San Cristoforo risale al 1947 quando, dopo la fine della guerra mondiale, i salesiani si stabiliscono per volere dell’Arcivescovo di Catania in accordo con l’Ispettore del tempo, don Manione.
Il territorio così pieno di famiglie e di giovani unito ai cuori amorevoli di quei dieci primi salesiani sono gli ingredienti che favoriscono la realizzazione del sogno di don Bosco fra le vie di questo ambiente: salvare i ragazzi è possibile. I salesiani iniziano a lavorare e ci mettono anima e corpo per istruirli ed educarli, per far vivere loro una vita degna di essere vissuta.
Tra le pagine della prima cronaca della casa si legge, con realismo e speranza:
«si stabilisce la comunità salesiana nell’Oratorio S. Giovanni Bosco allo scopo di provvedere innanzitutto all’assistenza materiale, morale e religiosa della moltitudine di ragazzi che vivono abbandonati a se stessi per le strade della città, esposti a tutte le insidie della miseria e della precoce delinquenza». Da allora l’apostolato, verso i giovani più deboli, è stato vissuto con fedeltà e perseveranza giungendo così a compiere in questi giorni ben 70 anni.
Con un sentimento di gratitudine al Signore per la missione salesiana, la Comunità Educativa Pastorale ha pensato di festeggiare, nella semplicità tipica del lavoro quotidiano, invitando cinque confratelli per raccontare la propria esperienza sancristoforina.
I primi giorni sono stati raccontati da don Di Mauro, ormai prossimo a tagliare il “traguardo” di cento anni di vita; l’esperienza della scuola l’ha raccontata don Privitera. L’esperienza del cortile e dell’accoglienza l’ha narrata don Fiandaca mentre la vita dei gruppi formativi e dell’associazionismo è stata trattata da don D’Amico. Infine ha preso la parola don Andronaco che ha esposto l’importanza dell’evangelizzazione e della catechesi all’interno della missione salesiana in questo nostro contesto di periferia.
Un salto all’indietro per poi lanciarsi con entusiasmo nella missione che ha ancora molto bisogno di noi.
don Antonino Garufi, sdb