I moti rivoluzionari del 1848 interruppero le lezioni ed il seminario venne sciolto. Per mettersi al riparo da una eventuale leva forzata causata dai moti rivoluzionari il giovane Giuseppe Guarino fu incardinato definitivamente nell'ordine, ricevendo l'ordinazione suddiaconale il 23 settembre 1848 da mons. Stromillo vescovo di Caltanissetta: nel 1844 infatti il paese di Montedoro era stato assegnato alla nuova diocesi di Caltanissetta, creata da papa Gregorio XVI con la Bolla Ecclesiae Universalis. Compiuti i 22 anni, gli venne conferito il diaconato nell'ordinazione nella Quaresima del 1849. Con dispensa papale, concessa da Pio IX dietro richiesta del vescovo di Caltanissetta, fu ordinato sacerdote con 18 mesi di anticipo, il 22 settembre 1849.
Giuseppe Guarino commenta con queste parole come quel periodo di formazione fosse stato severo ed accurato:
“L’abito sacro e la disciplina rigorosa ed ecclesiastica non a valsero a temperare il mio carattere bilioso e intollerante e innestavo nel mio cuore fin da fanciullo l’amore al ritiramento ed alla sobrietà. Non conobbe mai alcuno, di tutto e di tutti arrossiva e non esisteva per me altra cosa al mondo che il seminario e nulla più. Seminario e famiglia, ecco tutti i miei pensieri. Non perciò non ero io ingratissimo al Signore. Poteva e doveva farmi santo e non ebbi cura di divenirlo; e tanto più l’orazione mentale era giornaliera e dovea rendersene conto la sera; l’esame di coscienza era pure giornaliero, la confessione frequente e poi il mio padre spirituale facevami la carità di sentirmi quante volte io volea, oltre i giorni stabiliti dalla regola del seminario. Avevamo molte ore di silenzio stretto. Ma è sempre vero ciò che insegna san Tommaso che lo studio inaridisce e bisogna essere sempre più frequente l’orazione. Le vacanze poi passate in famiglia mi erano di grande divagazione di spirito; ma non pertanto iole bramava che anzi, appena visti i miei, dopo otto giorni, desiderava il ritorno di ottobre per restituirmi al seminario. Fatto sta intanto che le vacanze duravano quattro mesi di estate. Io stava allora per lo più in casa e fatto grandetto, quando studiavo scienze sacre, non uscivo di casa che per gli atti di religione e poi tornavo a star solo in una stanza a studiare. Era mia delizia scherzare qualche poco con mia madre e mia sorella e quando mi univa con secolari mi usavano il riguardo di non parlare di cose impertinenti. Nonostante questi favori del cielo e queste mie inclinazioni ero ingratissimo al Signore”.
In quegli anni Giuseppe Guarino ebbe modo di conoscere il priore benedettino Giuseppe Benedetto Dusmet, con cui instaurò una profonda amicizia spirituale che durò tutta la vita.
Nel 1850 fu ammesso al Collegio dei santi Agostino e Tommaso, in Agrigento, al fine di perfezionare la formazione in morale e diritto: questa istituzione, fondata nel 1712 dal vescovo mons. Francesco Ramirez, assicurò la formazione di tanti sacerdoti preparati, in grado di ricoprire posti di responsabilità e di prestigio. La formazione durava per un sessennio e prevedeva l’alternanza di attività pastorali e di studio, lasciando ai sacerdoti anche la possibilità di rientrare nei paesi di origine per brevi periodi. Ecco le parole con cui ricorda questo periodo di intensa attività pastroale e di studio:
“Mi versava ad assistere i moribondi, a spiegare il vangelo ed in tutti i sacri ministeri quando il collegio ci dava vacanza e ricreazione. Spesso mi mandavano a dare lezioni di teologia, di fisica, di matematica, di filosofia e di umane lettere quando nel seminario mancavano per infermità i lettori ed io non aveva mai requie. Ho pensato sempre agli altri ed al lavoro e non mai all’anima mia”.
Durante una di queste brevi vacanze a casa, nell’estate del 1854, accadde un fatto che ci lascia intuire quanto fosse importante per Giuseppe Guarino l’esercizio della carità: essendo stato informato che a Montedoro un ammalato di colera era in punto di morte, egli non esitò un momento ad accorrere al suo capezzale, vincendo la resistenza della madre che, temendo il contagio, aveva cercato di dissuaderlo dall’andare.