In cammino con i Santi

11. Il colera e una medaglia

Gli anni dell’episcopato messinese di mons. Guarino furono funestati da diverse calamità che si abbatterono sulla diocesi: terremoti ed epidemie di vaiolo, tifo e colera rivelarono da un lato le carenze delle strutture pubbliche, inadeguate o del tutto assenti, dall’altro fecero risplendere lo zelo e la carità dell’Arcivescovo, che si prodigava con generosità in ogni modo per assicurare aiuto ed assistenza ai bisognosi.

Emblematico il contegno durante l’epidemia di colera del 1887. Il morboiniziato nel mese di agosto, dal 10 al 15 settembre assunse proporzioni spaventevoli: le vittime si contavano a migliaia e tutti quelli che ne avevano la possibilità preferirono rifugiarsi in campagna, mentre in città si organizzarono e improvvisarono ospedali e lazzaretti per accogliere i numerosissimi malati. Mons. Guarino  cominciò ad organizzare iniziative assistenziali in favore dei malati, collaborando con le istituzioni religiose e civili della città; si recava in visita agli ospedali, accostandosi agli ammalati per confortarli e impartire loro i Sacramenti, raggiungendoli anche nelle loro povere case, si preoccupava di organizzare soccorsi, di assicurare la creazione di cucine economiche, di consegnare personalmente i medicinali agli infermi più diffidenti e di provvedere perfino alla sepoltura dei morti. Qualche volta anche lui si sentiva scoraggiato:

“In questi tempo la mia piccola testa, divisa a tante cure, manca talvolta di presenza a se stessa. Son solo, sono scappati via vicario, pro-vicario, cancelliere, tutti presi da tale spavento che toglie la ragione. Ma, mancando gli aiuti umani, sovrabbonda la grazia di Dio ed io, faccia per terra, ringrazio Gesù, Maria e Giuseppe della forza e della colma che mi danno. Il male è ancora fiero e passa spesso in tifo, pure mortale. Ieri i casi oltrepassarono i duecento. Torno or ora dal mio giro per la città. E’ l’ora 1 p. m. e dalla mezzanotte i casi oltrepassano i 100. Le parrocchie fanno benissimo il loro dovere”.

Nella cronaca delle città italiane L'Osservatore Romano del 18 settembre, da Messina riferiva: “I giornali liberali scrivono elogiando quell’arcivescovo per la carità e lo zelo da lui spiegati, manifestatosi il brutto morbo in quella città. E’ ammirevole l’opera cristiana che compie questo santo pastore della Chiesa. Egli gira per i casolari dove sono i malati di colera e li conforta e loro appresta i sacramenti, porgendo un esempio luminoso di vera religione al clero della sua diocesi al quale non tralascia di inculcare di essere pari alla missione che è chiamato ad esercitare”.

Passata l’epidemia fu avanzata la proposta, di conferire una pubblica onorificenza a mons. Guarino; non fu possibile per il Governo italiano rifiutarsi di concederla, ma al posto di una medaglia d’oro fu disposta l’assegnazione di una medaglia d’argento. Si levarono diverse proteste a parte dei messinesi, perchè il premio appariva esiguo rispetto alla generosità dell’impegno di mons. Guarino, ma quest’ultimo inviò un comunicato di ringraziamento al Prefetto, scrivendo:

“In quel funesto incontro io non adempii che i miei doveri pastorali, alieno dal pensare a qualsiasi attestato di benemerenza civile. Ricevo adunque la medaglia che a nome del governo si è degnata di inviarmi, unicamente per cederla in favore delle povere creaturine rimaste orfane di nel colera, alle quali oggi stesso la fo arrivare perché la superiora dello stabilimento provveda a qualche cosa necessaria alla più bisognosa. E’ tenue, invero, l’offerta, ma dimostra l’affetto che mi lega sempre agli sventurati di modo che avrei dato alla medaglia la stessa destinazione, anche se fosse stata di brillanti”.

 

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